Ministero della Giustizia

Le Disuguaglianze di Genere Influiscono sulla Salute Delle Donne?

Le linee guida nazionali e internazionali raccomandano alle donne ad alto rischio tre diversi percorsi: una sorveglianza speciale, con periodicità e prestazioni diagnostiche specialistiche ravvicinate nel tempo e diverse rispetto a quelle delle altre donne; una chirurgia di riduzione del rischio, oppure una chemio prevenzione. Da oggi, in più, alle donne sane che scelgono la chirurgia di riduzione del rischio, unica vera prevenzione possibile per il tumore alla mammella, all'ovaio e all'utero, verrà riconosciuta, se lo richiedono, una determinata percentuale di invalidità civile per la menomazione permanente di tali organi e per lo stress psichico subito secondo lo status di "handicap non grave" (legge 104, articolo 3, comma 1), salvo che la sofferenza psichiatrica non sia tale da aggravare ulteriormente la situazione. Un "lavoro congiunto - spiegano dalla Favo - per riconoscere una tutela sia alle persone sane che devono convivere con un elevato rischio di ammalarsi di tumore lungo il corso della loro vita sia a quelle che, già malate oncologiche, affrontano rischi aggiuntivi di salute a causa della mutazione genetica Brca". Il cosiddetto "gene Jolie", e cioè quello legato alle mutazioni Brca1 e Brca2 che possono far insorgere il tumore al seno e alle ovaie, entra nelle linee guida medico-scientifiche di cui terranno conto le commissioni dell'Inps che decidono sull'invalidità, e questo anche quando, proprio come nel caso della celebre Angelina, l'intervento chirurgico di mastectomia è stato eseguito prima dell'insorgere della malattia.

Le persone portatrici delle mutazioni Brca - tra i 75 e i 150 mila casi oggi in Italia, secondo una semplice proiezione in assenza di dati nazionali certificati - sono esposte al rischio di sviluppare in giovane età tumori al seno, all'ovaio e all'endometrio, oltre ad altre neoplasie. Questo andamento si inserisce nel contesto generale di un eccesso di “medicalizzazione” della gravidanza e del parto in Italia, che induce le donne a effettuare visite, esami, ecografie non necessarie: tre donne su quattro per esempio effettuano in gravidanza più ecografie delle tre consigliate. 4. la stipula di accordi tra Comuni ed enti privati per la gestione di “alloggi protetti” in cui collocare persone uscite dal carcere o ancora detenute e nei cui confronti vengono applicati i benefici dell’ordinamento penitenziario (si riferisce in particolare l’esperienza del Comune di Brescia come esempio di buona pratica). Il Rapporto della Commission on Mines, istituita dal Parlamento inglese nel 1842, racconta situazioni estremamente penose. È stato recentemente pubblicato il rapporto CEDAP, relativo all’anno 2014, che fotografa la salute delle donne in gravidanza, la modalità del parto e la salute dei neonati in Italia. La quasi totalità dei parti in Italia avviene in ospedali pubblici o cliniche private.

E purtroppo la regola è che più cesarei si fanno più se ne faranno, perché in moltissimi ospedali non è previsto partorire per via vaginale il secondo bambino se il primo è nato con il cesareo, anche se quasi la metà delle donne potrebbe riuscirci. Quando nasce un bambino l’ostetrica compila due documenti: la dichiarazione di nascita, per il comune di residenza, e il certificato di assistenza al parto (CEDAP), che viene inviato al Ministero della Salute. Il CEDAP contiene molte informazioni attraverso le quali gli statistici del ministero tengono sotto controllo il fenomeno della natalità in Italia. Il ministero della Salute ha riconosciuto negli ultimi anni che la “medicina tradizionale ha subito una profonda evoluzione” e la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha sottolineato l’importanza della attenzione al tema. Esiste una sostanziale differenza anche nell’età media delle donne al parto: le italiane partoriscono il primo figlio dopo i 31 anni e le straniere tre anni prima; inoltre, almeno otto neonati su cento hanno una madre ultraquarantenne. Il primo dato su cui riflettere è il numero totale dei nati, 502.446, dato in costante decrescita dal 2009. In questi cinque anni si sono perse 55.000 nascite, e questo è il triste specchio della crisi economica con le sue ricadute sulla precarietà del presente e del futuro delle nostre giovani generazioni.

Dai dati Inail flibanserin farmacia on line degli ultimi anni, sul totale degli infortuni, la ripartizione tra uomini e donne risulta essere sempre, all'incirca, 70% agli uomini e 30% alle donne. Di questi bambini, uno su cinque è nato da madri di cittadinanza non italiana, e anche le donne straniere hanno un numero di figli sempre minore: questo si collega al fatto che l’Italia è il fanalino di coda in Europa per le politiche di sostegno alle famiglie con figli. Grazia Gobbi Sica e Lucia Tonini dell’Associazione Amici degli Allori, in collaborazione con la scuola de Il Teatro delle Donne, guideranno i visitatori in un percorso fatto di mogli, madri, sorelle e figlie all’interno del giardino della memoria. Il dovere di rigore scientifico impone anche di affrontare il tema dell’incidenza dei tumori maligni, il cui numero sembra in continua lievitazione per quanto riguarda le donne, mentre è in sensibile diminuzione tra gli uomini. Solo un bambino su mille nasce in altri contesti, e di questi solo alcuni nascono a casa per scelta, diversamente da quanto succede in alcuni paesi del nord Europa, dove il parto domiciliare è garantito dal sistema sanitario pubblico, ed è inserito nel novero delle scelte possibili per la donna.

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